Dire che Matteo Salvini “parla sotto effetto del Mojito, è uno sciacallo” non è un reato e non costituisce diffamazione ma si tratta di una critica politica: per questo la querela nei confronti di Ilaria Cucchi presentata dal leader della Lega è stata archiviata ieri dal tribunale di Milano. A scriverlo è stata proprio la sorella di Stefano Cucchi su Facebook ieri: secondo i giudici quello che ha detto Ilaria è da considerare diritto di critica: “Il Tribunale di Milano ha ritenuto che le mie espressioni, sicuramente molto forti, fossero tuttavia giustificate e “pertinenti” al contesto – spiega Cucchi – Insomma il Giudice ha ritenuto che io ho esercitato in maniera più che legittima il mio diritto di critica. Il Senatore Matteo Salvini se ne faccia una ragione”.
Quelle frasi su Salvini Sciacallo, ha scritto la giudice di Milano Lidia Castellucci nell’ordinanza depositata il 12 marzo, “non appaiono esternate per apportare un vulnus alla considerazione dell’offeso quanto piuttosto passibili di un uso funzionale, nel noto contesto della vicenda, ad argomentare un giudizio sulla persona che, per quanto forte e ‘violento’, rientra tuttavia nel perimetro della critica”. Tutta la storia era cominciata il 14 novembre 2019, dopo la notizia della condanna a 12 anni da parte della Corte d’Assise di Roma per i carabinieri imputati per omicidio preterintenzionale ai danni di Stefano Cucchi, dieci anni dopo della sua morte.
Salvini commentò la sentenza dicendo: “Questo testimonia che la droga fa male sempre e comunque”. Ilaria in varie interviste e anche sulla sua pagina lo accusò “di approfittare cinicamente delle disgrazie altrui per strumentalizzazioni politiche di basso livello. L’ho definito così “Uno sciacallo” – e non sono certo stata la prima – di “essere fuori dal mondo e di parlare evidentemente ancora sotto gli effetti del Mojito””. Poi arrivò la querela: “Matteo Salvini mi ha querelata, dolendosi del fatto che io ne avrei “voluto sminuire le risorse cognitive come uno che non capisce, che vive su un altro pianeta, che consuma cocktail e che dovrebbe occuparsi dei suoi processi”.
Già il pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione per Ilaria Cucchi ma Salvini, assistito dalla sua avvocata Claudia Eccher, si era opposto. Di qui l’udienza, come prevede la legge, e ora l’ordinanza di archiviazione. Come racconta oggi Il Fatto Quotidiano, “Le esternazioni di Ilaria Cucchi su Salvini sciacallo – scrive la giudice – si inseriscono in una travagliata e oltremodo dolorosa vicenda giudiziaria… Appaiono sì forti e offensive ma funzionali, nell’acceso dibattito, a reagire a quella che è stata percepita come una indebita e inconferente associazione del ‘caso Cucchi’ alla problematica, generale, della droga… Ha utilizzato l’espressione ‘sciacallo’ per rimarcare semanticamente l’indebito accostamento che era stato fatto”.
Salvini e il mojito: Ilaria Cucchi e la lettera a La Stampa
Ilaria Cucchi in una lunga lettera pubblicata oggi da La Stampa ha spiegato le ragioni che l’hanno portata a definire Salvini sciacallo: “Nel perfetto stile del personaggio politico viene introdotto un argomento di comune e scontata condivisione che nulla ha tuttavia a che fare con la questione, tentando di sviare l’attenzione dall’omicidio finalmente riconosciuto. Propaganda becera sulla pelle della famiglia Cucchi. Come se noi sostenessimo il contrario, e, cioè, che la droga fa bene ed è bene farne uso. Ho accettato in silenzio che mi si dicesse che faccio schifo ma questo no. Quel giorno e in quei momenti era per me inaccettabile”.
E quindi: “La procura di Milano mi ha fatta convocare dalla Questura di Roma per sapere se confermavo quelle di aver usato quell’espressione nei suoi confronti. Il giudice ha riconosciuto che quelle espressioni avrebbero potuto essere astrattamente offensive ma che, accertato l’effettivo contesto nel quale le avevo proferite erano, in fin dei conti, pertinenti e, in quanto tali, legittima espressione del mio sacrosanto diritto di critica. Matteo Salvini, ha, in definitiva, lanciato il sasso per poi piangere tirando indietro la mano. Io sono solo una normale cittadina che però è abituata ad assumersi le proprie responsabilità. Me lo hanno insegnato i miei genitori. Non ho alcun bisogno del senatore Salvini. Non gli debbo nulla e non gli chiedo nulla. Solo di lasciarci in pace. Per favore. Grazie”.
Il 18 novembre 2019 Ilaria Cucchi aveva fatto sapere di aver querelato Salvini proprio per la frase sulla droga che fa male: “Il signor Matteo Salvini non può giocare sul corpo di Stefano Cucchi. Non posso consentirglielo. Questo era il suo volto quando io ed i miei genitori lo vedemmo all’obitorio il 22 ottobre del 2009. Questo era quel che rimaneva di Stefano. Dei suoi diritti.
Della sua dignità di essere umano”.
Quindi l’annuncio della querela: “Lo devo a mio fratello. Lo devo a mia madre che, pur estremamente sofferente, ha trascorso tutta la giornata del 14 novembre scorso in attesa di una sentenza che ci rendesse giustizia. Lo devo a mio padre la cui fiducia nello Stato ha fatto sì che compisse il sacrificio più pesante che si potesse chiedergli: denunciare il proprio figlio, da morto e dopo averlo visto in queste terribili condizioni, per la sostanza stupefacente trovata a casa sua”.
Stefano Cucchi ha sbagliato ed avrebbe dovuto pagare ma non morire in quel modo. Il giorno in cui viene pronunciata la sentenza ha il coraggio di dire quelle parole come se fosse al bar e parlasse ai suoi amici? Sono solo una normale cittadina ma non posso fare altro che querelarlo. Mi piacerebbe tanto – conclude Ilaria Cucchi – che l’attuale Ministro dell’Interno sostituisse la costituzione di parte civile fatta proprio dal sig. Salvini con la propria. Non sono un avvocato ma forse potrebbe essere possibile. Ed ora che i leoni da tastiera si scatenino pure con le loro menzogne
sempre più raffinate e costruite ad arte. Io vado avanti”.
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