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sabato 25 gennaio 2020

Pedofilia Fascista ed il Madamato

PEDOFILIA E FASCISMO

PEDOFILIA E FASCISMO

Quello che fece Montanelli si chiamava "madamato" ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto.

Montanelli acquistò una moglie dodicenne (12 ANNI) durante la stagione 
del colonialismo fascista in Eritrea.

PEDOFILIA E FASCISMO


Correva l’anno 1936, e quella che sarebbe diventata una delle penne più prestigiose d’Italia scriveva nel numero di gennaio del periodico “Civilta’ Fascista” un articolo in cui si sosteneva che “non si sarà mai dei dominatori, se non avremo la coscienza esatta di una nostra fatale superiorità. Coi negri non si fraternizza. Non si può, non si deve. Almeno finché non si sia data loro una civiltà“.

Ma evidentemente non tutti i tipi di “fraternizzazione” erano sgraditi a Montanelli, come ha raccontato il diretto interessato in una intervista rilasciata a Enzo Biagi per la Rai nel 1982:

 “aveva dodici anni, ma non mi prendere per un Girolimoni ( famoso pedofilo arrestato all'epoca), a dodici anni quelle lì erano già donne. L’avevo comprata a Saganeiti assieme a un cavallo e un fucile, tutto a 500 lire.

  Era un animalino docile, io gli  misi su un tucul (semplice edificio a pianta circolare con tetto conico solitamente di argilla e paglia) con dei polli. E poi ogni quindici giorni mi raggiungeva dovunque fossi insieme alle mogli degli altri ascari“.

L’episodio era gia’ stato rievocato in precedenza nel 1969, durante il programma di Gianni Bisiach “L’ora della verita’”, in cui Montanelli ha descritto la sua esperienza coloniale: “Pare che avessi scelto bene - racconto’ Montanelli - era una bellissima ragazza, Milena, di dodici anni. Scusate, ma in Africa e’ un’altra cosa. Cosi’ l’avevo regolarmente sposata, nel senso che l’avevo comprata dal padre.
La moglie bambina di Montanelli (abbandonata al suo Tucul e al suo destino quando il giornalista è rientrato in Italia); le leggi razziali proibivano di elevare al rango di moglie vera e propria una “madama” acquistata per i soggiorni nelle colonie.
Il “madamato”, infatti, non era un vero e proprio matrimonio con parita’ di diritti e doveri, ma una forma di “contratto sociale” segnata dal dominio autoritario del colonizzatore sull’indigeno, dell’uomo sulla donna, dell’adulto sul bambino, del libero sul prigioniero, del ricco sul povero, del forte sul debole. E alla fine avevi qualcosa che era meno di una moglie e poco piu’ che una schiava.
Era importante fare in modo che queste relazioni di dominio con le “belle abissine” non sconfinassero mai nel terreno dei sentimenti, e per questo nel Regio Decreto 740 del 19 aprile 1937, dal titolo eloquente “Sanzioni per rapporti di indole coniugale tra cittadini e sudditi“, si era stabilito che “il cittadino italiano che nel territorio del Regno o delle Colonie tiene relazione d’indole coniugale con persona suddita dell’Africa Orientale Italiana o straniera appartenente a popolazione che abbia tradizioni, costumi e concetti giuridici e sociali analoghi a quelli dei sudditi dell’Africa Orientale Italiana è punito con la reclusione da uno a cinque anni“.

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Quello che fece Montanelli si chiamava "madamato" ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto.  Montanelli acquistò una moglie dodicenne (12 ANNI) durante la stagione   del colonialismo fascista in Eritrea.

Quello che fece Montanelli si chiamava "madamato" ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto.  Montanelli acquistò una moglie dodicenne (12 ANNI) durante la stagione   del colonialismo fascista in Eritrea.

Quello che fece Montanelli si chiamava "madamato" ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto.  Montanelli acquistò una moglie dodicenne (12 ANNI) durante la stagione   del colonialismo fascista in Eritrea.


La ragione di questo divieto alle “relazioni d’indole coniugale” l’ha spiegata Gianluca Gabrielli in un articolo del 2012 pubblicato sulla Rivista dell’Associazione Nazionale degli antropologi culturali:

La legge contro le unioni miste – scrive Gabrielli – vuole punire esemplarmente gli italiani che mostrano di non aver rispettato il codice di comportamento “razziale” dei dominatori. Il dispositivo quindi non è stato varato per colpire direttamente la donna africana, non è lei da educare in senso razzista. È l’italiano che interessa, che deve mantenere una distanza evidente e ostentare superiorità con le popolazioni del luogo, perché la distanza e la superiorità assicurano il dominio.

Ed e’ per questo che tra i “capi d’accusa” a carico di Seneca vengono elencati normalissimi gesti di premura verso una compagna, tra cui la colpa “di aver preso con sé un’indigena, di averla portata con sé nei vari trasferimenti, di volerle bene, di averla fatta sempre mangiare e dormire con sé, di avere consumato con essa tutti i suoi risparmi, di avere fatto regali ad essa e alla di lei madre, di averle fatto cure alle ovaie perché potesse avere un figlio, di avere preso un’indigena al suo servizio, di avere preparato una lettera a S.M. il Re Imperatore per ottenere l’autorizzazione a sposare l’indigena o almeno a convivere con lei“. Gesti che diventano crimini perche’ l’oggetto di queste attenzioni e’ un’africana, un’inferiore, un “suddito”.

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Sfogarsi nelle trasferte comprandosi le “madame” andava bene, ma nella sentenza che condanna Seneca si afferma che “in questo caso, non è il bianco che ambisce sessualmente la venere nera e la tiene a parte per tranquillità di contatti agevoli e sani, ma è l’animo dell’italiano che si è turbato ond’è tutto dedito alla fanciulla nera sì da elevarla al rango di compagna di vita e partecipe d’ogni atteggiamento anche non sessuale della propria vita“.

E quando si passa dalle “ambizioni sessuali” ai “turbamenti dell’anima”, aggiungendo la sfrontatezza di voler elevare la “fanciulla nera” al ruolo di “compagna di vita” anche fuori dal letto, non c’e’ perdono possibile per la cultura fascista. Per i giudici che hanno condannato l’imputato Seneca quella donna non era rimasta un puro oggetto sessuale per “contatti agevoli e sani”, ma c’era il rischio che potesse diventare non solo oggetto di affetti, ma anche moglie e cittadina dell’impero, e tutto questo per il colonizzatore e’ una sciagura da evitare a tutti i costi.

Per smentire il “cosi’ fan tutti” associato alla sottomissione delle donne, all’acquisto di minorenni, alla pratica del “madamato” basta una semplice controprova che sgretola in un attimo quel “tutti” cosi’ perentorio. E pur essendo cosa comune a quei tempi comprare persone di cui disporre liberamente, e avere rapporti sessuali con dodicenni, c’e’ sempre in ogni epoca della storia qualche “imputato Seneca” che spinge la civilta’ lontano dalla barbarie.

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E’ a questa gente che dobbiamo guardare, e non alla morale corrente: ne’ a quella in vigore al tempo delle “madame” dodicenni, ne’ a quella attualmente in voga nella nostra epoca di “utilizzatori finali” di diciassettenni.

https://cipiri.blogspot.it/2015/07/berlusconi-promise-7-milioni-karima-el.html

Ricostruire l’”acquisto” di Montanelli e il contesto in cui e’ maturato, assieme all’esperienza speculare di Seneca che cercava una compagna di vita e non una “madama a tempo”, potra’ sembrare una inutile riesumazione di fatti gia’ noti, o una mancanza di rispetto verso una firma storica del giornalismo italiano.

Resto comunque persuaso che il recupero della memoria storica, l’analisi critica dei dati di realta’ e i racconti fatti senza piangeria faranno contento il Montanelli giornalista ovunque egli si trovi, anche a costo di lasciare un po’ amareggiato il Montanelli colonialista e acquirente di dodicenni, e i suoi fan talmente appassionati e devoti da perdonargli qualsiasi errore di gioventu’, anche il piu’ abominevole.

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Bunga Bunga la cultura dell'uomo di Arcore



Bunga Bunga la cultura dell'uomo di Arcore Le ragazze “baciavano il pene della statuetta di Priapo e simulavano rapporti orali, io e Ambra eravamo scioccate”. Nell’aula del processo Ruby in cui Silvio Berlusconi è imputato di concussione e prostituzione minorile è tempo della testimonianza di Chiara Danese. La miss piemontese, insieme all’amica Ambra Battilana, si è costituita parte civile nel processo gemello con imputati l’ex direttore del Tg Emilio Fede, la consigliera regionale Nicole Minetti e l’ex agente delle star tv Lele Mora (in carcere per bancarotta dal giugno del 2011, ndr). Le due ragazze sostengono di avere subito un danno patrimoniale da “perdita di chance lavorativa” per avere partecipato a una serata ad Arcore.






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Fu fascista l'Eccidio di Cristiani in Terra Africana

Quello che fece Montanelli si chiamava "madamato" ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto.  Montanelli acquistò una moglie dodicenne (12 ANNI) durante la stagione   del colonialismo fascista in Eritrea.


La più grande strage di religiosi cristiani nella storia africana è opera dei fascisti italiani

Ottant’anni fa le truppe dell’Impero fascista attuarono il maggiore eccidio di religiosi cristiani in terra africana: accusati di essere ostili all’occupazione imperialista, centinaia di residenti del monastero di Debrà Libanòs furono fucilati dalle truppe italiane per ordine del Maresciallo Rodolfo Graziani. Nessun italiano venne mai punito per questo e per altri massacri.

Quando nell’aprile 1935 componeva le prime bozze di “Faccetta Nera”, Renato Micheli volle decantare in maniera spiritosa lo spirito romantico del colonialismo italiano in Africa. Un’ode alla “missione civilizzatrice” di Roma in Abissinia, allo sforzo liberatore della gioventù italica impegnata a rimuovere le catene dal collo negro.

Un’esaltazione in romanesco dell’unione tra le razze, che però a Mussolini non piacque affatto (anzi, tentò pure di bandirla). Quel testo era troppo meticcio e troppo poco imperiale. Per giustificare il proprio espansionismo, l’Impero fascista avrebbe avuto bisogno di più solennità, di più rigore razziale; e fu così che dal Ministero “consigliarono” al poeta di trasformare la scherzosa canzonetta in un inno di conquista e di sottomissione degli abissini, 
privandola inoltre di ogni parola ed inflessione dialettale.

Se per Micheli il verso “Faccetta Nera, sarai romana” era una promessa che puntava all’elevazione di una presunta inferiorità del popolo etiope, una “concessione d’umanità” dei colonizzatori mediterranei, il regime l’intendeva come una minaccia dal potere distruttivo: 
sarai romana, oppure non sarai affatto.

Fu il Maresciallo Rodolfo Graziani ad essere nominato “ambasciatore” di tale ideale totalizzante. Ottenute fama e popolarità in seguito alle gesta di “pacificazione” (leggasi “riconquista”) in Libia, che gli valsero il soprannome di “Macellaio di Fezzan“, 
Graziani fu incaricato di reprimere ogni resistenza in Abissinia.

Quello che fece Montanelli si chiamava "madamato" ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto.  Montanelli acquistò una moglie dodicenne (12 ANNI) durante la stagione   del colonialismo fascista in Eritrea.

Quello che fece Montanelli si chiamava "madamato" ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto.  Montanelli acquistò una moglie dodicenne (12 ANNI) durante la stagione   del colonialismo fascista in Eritrea.

Quello che fece Montanelli si chiamava "madamato" ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto.  Montanelli acquistò una moglie dodicenne (12 ANNI) durante la stagione   del colonialismo fascista in Eritrea.

Quello che fece Montanelli si chiamava "madamato" ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto.  Montanelli acquistò una moglie dodicenne (12 ANNI) durante la stagione   del colonialismo fascista in Eritrea.

Quello che fece Montanelli si chiamava "madamato" ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto.  Montanelli acquistò una moglie dodicenne (12 ANNI) durante la stagione   del colonialismo fascista in Eritrea.

Quello che fece Montanelli si chiamava "madamato" ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto.  Montanelli acquistò una moglie dodicenne (12 ANNI) durante la stagione   del colonialismo fascista in Eritrea.


Graziani ordinò ai suoi bombardieri di sganciare ordigni all’iprite e al fosgene (vietati dalla convenzione di Ginevra del 1925) contro civili e resistenti africani. In un dispaccio telegrafico proclamò trionfante che “le ultime azioni compiute hanno dimostrato
 quanto sia efficace l’impiego dei gas”.

Ma il Macellaio (che l’ONU inserì nella lista dei criminali di guerra per l’uso di gas tossici e bombardamenti degli ospedali della Croce Rossa) fu responsabile anche di un altro atroce episodio: il maggiore eccidio di religiosi cristiani in terra africana, una strage ancora oggi poco raccontata.

Il 19 febbraio 1937, durante una cerimonia in onore della nascita di Vittorio Emanuele di Savoia (primogenito di Umberto), la resistenza anti-colonialista fece esplodere otto bombe.

Subito dopo l’attentato, un commando armato aprì il fuoco, attirandosi la reazione dei carabinieri italiani. Il bilancio dell’attacco fu di quattro carabinieri italiani e due zaptiè uccisi (carabinieri reclutati tra le popolazioni indigene) e una cinquantina di feriti.

In un telegramma del 21 febbraio, il Duce diede a Graziani indicazioni ben precise: “Nessuno dei fermi già effettuati e di quelli che si faranno deve essere rilasciato senza mio ordine. Tutti i civili e religiosi comunque sospetti devono essere passati per le armi e senza indugi“. Sentendosi il vero obiettivo dell’attentato, dall’ospedale della Consolata (dove rimase ricoverato per 68 giorni) il Maresciallo Graziani ordinò dunque rastrellamenti e pogrom. Nei tre giorni successivi la rappresaglia italiana portò a numerose vittime nella popolazione etiopica.

Il prof. Harold J. Marcus parla del clima post-attentato in questi termini:

“Poco dopo l’incidente, il comando italiano ordinò la chiusura di tutti i negozi, ai cittadini di tornare a casa e sospese le comunicazioni postali e telegrafiche. In un’ora, la capitale fu isolata dal mondo e le strade erano vuote. Nel pomeriggio il partito fascista di Addis Abeba 
votò un pogrom contro la popolazione cittadina.

Il massacro iniziò quella notte e continuò il giorno dopo. Gli etiopi furono uccisi indiscriminatamente, bruciati vivi nelle capanne o abbattuti dai fucili mentre cercavano di uscire. Gli autisti italiani rincorrevano le persone per investirle col camion o le legarono coi piedi al rimorchio trascinandole a morte. Donne vennero frustate e uomini evirati e bambini schiacciati sotto i piedi; gole vennero tagliate, alcuni vennero squartati e lasciati morire o appesi o bastonati a morte”.

Se fonti etiopiche hanno contato ben 30mila persone uccise, stime italiane hanno ridotto il numero a circa 300 vittime. Fonti britanniche parlano invece di almeno 3mila vittime. Ma a prescindere dal numero effettivo di caduti (non fu mai condotta una ricerca internazionale e indipendente che potesse verificarne la precisione), la vendetta italiana continuò implacabile 
anche a distanza di mesi dall’attentato.

Il medico ungherese Ladislav Shaska ricorda l’azione 
del Federale Guido Cortese subito dopo l’attacco:

“Il maggior massacro si è verificato dopo le sei di sera… In quella notte terribile, gli etiopi vennero ammucchiati nei camion, strettamente sorvegliati dalle camicie nere armate. Pistole, manganelli, fucili e pugnali furono usati per massacrare gli etiopi disarmati di tutti i sessi, di tutte le età. Ogni nero incontrato era arrestato e fatto salire a bordo di un camion e ucciso o sul camion o presso il piccolo Ghebi. Le case o le capanne degli etiopi erano saccheggiate e quindi bruciate con i loro abitanti. Per accelerare gli incendi vennero usate in grandi quantità benzina e petrolio.

I massacri non si fermarono durante la notte e la maggior parte degli omicidi furono commessi con armi bianche e colpendo le vittime con manganelli. Intere strade erano bruciate e se gli occupanti delle case in fiamme uscivano in strada erano pugnalati o mitragliati al grido “Duce! Duce Duce!”. Dai camion, in cui gruppi di prigionieri erano stati portati per essere massacrati vicino al Ghebbi, il sangue colava letteralmente per le strade, e da questi camion si sentiva gridare “Duce! Duce! Duce!”.

Non dimenticherò mai quello che ho visto quella notte degli ufficiali italiani che passano con le loro auto lussuose per le strade piene di cadaveri e sangue, fermandosi nei luoghi dove avrebbero avuto una migliore visione delle stragi e degli incendi, accompagnati 
dalle loro mogli, che mi rifiuto di definire donne!”

Non potendo contenere l’ardore di chi lottava per la propria libertà – con buona pace della propaganda “liberatrice” fascista – il contingente imperiale in terra d’Abissinia dovette trovare un responsabile morale di tali ondate di guerriglia.

Percorrendo il sentiero del “ripulisti” tracciato mesi prima da Mussolini in persona, il Maresciallo ordinò quindi una spedizione punitiva verso Debrà Libanòs – città santa della chiesa copta a 150 km da Addis Abeba – i cui residenti erano ritenuti colpevoli
 di fomentare le ribellioni e di nascondere gli insorti.

Nel tragitto, le truppe italiane e somale comandate da Pietro Maletti operarono una cieca rappresaglia in cui furono incendiati 115.422 tucul e tre chiese, 
mentre furono ben 2.523 i partigiani etiopi giustiziati.

Non sazia del sangue versato, la colonna imperiale proseguì il suo viaggio. Dopo aver incendiato il convento di Gulteniè Ghedem Micael ed averne fucilato tutti i monaci, il 19 maggio i soldati raggiunsero ed occuparono Debrà Libanòs.

Raggiunta la destinazione, le truppe ricevettero un telegramma di Graziani in cui ordinò di “passare per le armi tutti i monaci indistintamente, compreso il vicepriore“.

Il grande monastero del XIII secolo, centro principale della spiritualità etiopica, era stato fondato dal santo cristiano Tecle Haymanot. Era formato da due grandi chiese e dei modesti tucul dove vivevano monaci, preti, diaconi, studenti di teologia e suore.

I residenti furono trucidati in circa una settimana; l’ultimo giorno del massacro vennero fucilati anche i 126 giovani diaconi che erano stati inizialmente risparmiati.

Graziani fece sapere a Benito Mussolini che furono 449 le vittime del massacro di Debrà Libanòs, ma ricerche portate avanti dall’inglese Ian L. Campbell e dall’etiopico Defige Gabre-Tsadik (studiosi dell’Università di Nairobi e di Addis Abeba) sostengono che il numero delle vittime del massacro si aggirerebbe addirittura tra le 1.423 e le 2.033.

Graziani, forte dell’approvazione di Mussolini, rivendicò “la completa responsabilità” di quella che definì trionfante la “tremenda lezione data al clero intero dell’Etiopia”, compiaciuto di “aver avuto la forza d’animo di applicare un provvedimento che fece tremare le viscere di tutto il clero, dall’abuna all’ultimo prete o monaco, che da quel momento capirono la necessità di desistere dal loro atteggiamento di ostilità a nostro riguardo, se non volevano essere radicalmente distrutti”.



Quello che fece Montanelli si chiamava "madamato" ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto.  Montanelli acquistò una moglie dodicenne (12 ANNI) durante la stagione   del colonialismo fascista in Eritrea.

Quello che fece Montanelli si chiamava "madamato" ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto.  Montanelli acquistò una moglie dodicenne (12 ANNI) durante la stagione   del colonialismo fascista in Eritrea.

Quello che fece Montanelli si chiamava "madamato" ed era una pratica molto in voga nel 1936; tutti i fascisti avevano la propria madama minorenne dentro al letto.  Montanelli acquistò una moglie dodicenne (12 ANNI) durante la stagione   del colonialismo fascista in Eritrea.



Negli anni ’40 l’archeologo David Buxton confermò che i resti dell’eccidio erano ancora visibili:
 “Ci sono innumerevoli teschi e ossa, sacchi e scatole piene di ossa, 
mucchi sparsi di ossa che aspettavano ancora una sepoltura”.

Nel dopoguerra a nulla valsero le richieste etiopiche: nessun italiano venne mai punito per questi e per altri massacri. Rodolfo Graziani fu inserito dall’ONU nella lista dei criminali di guerra, ma non venne mai processato. Il Boia dell’Impero fu invece processato e condannato a 19 anni di carcere per collaborazionismo, ma scontati quattro mesi fu scarcerato.

Tv2000 ha prodotto un docu-film, girato tra Addis Abeba e Debre Libanos, che ricostruisce i fatti storici grazie al contributo di Ian Campbell, il maggiore studioso della strage, al monaco di Debre Libanos, Abba Hbte Gyorgis e ad un testimone ultranovantenne di quei tragici avvenimenti, Ato Zewede Geberu. A questi, si aggiungono il Patriarca della chiesa ortodossa di Etiopia, Abuna Matthias I e l’ Arcivescovo di Addis Abeba, il cardinale Berhaneyesus Demerew Souraphiel.


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