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martedì 29 settembre 2020

Signor ex ministro Salvini

Signor ex ministro Salvini


E' da oltre un anno e mezzo che non c’è ora del giorno o della notte in cui non sia stato presente in trasmissioni tv, da Vespa alla D’Urso, dalla Gruber a la prova del cuoco a Bib Bum Bam, su tutti i giornali, politici e di gossip, per non parlare dei social. Ha avvertito la necessità di farci sapere cosa mangiava, di farci assistere a interminabili dirette dalla sagra della cipolla, dalla festa della porchetta, in cui dichiarava guerra all’Europa, alla Libia, al Medioriente, alla Francia , alla Germania, al Papa, ai gay, ai neri, alla Kamchatca da Cinisello Balsamo con due carrarmati. L’abbiamo vista baciare il rosario e insultare la chiesa, sputare sul tricolore e sventolare il tricolore, fidanzato, single, sul letto con la morosa, a casa col gattino, in mutande, in spiaggia con le cubiste, fino alla Waterloo del Papeete beach, dove in costume, tra un mohjto e una ballerina, ha fatto cadere il governo. L’abbiamo sentita , nel mese successivo, incolpare per la caduta del governo il Piddiiiih, i grillini, Berlusconi, i poteri forti, la CEI, l’Europa, Trump, la solita Merkel, Topolino, Uan, Cip e Ciop e il divino Otelma. E parlateci di Bibbiano, e Mattarella, e lo spread è un complotto comunista, e i magistrati sono zecche rosse. Poi è tornato Feltri a chiamarci terroni, e forse lei si è commosso ricordando i bei tempi, quando con Borghezio, la statuetta di Alberto da Giussano e le corna da Obelix, facendo il bagno nel Po’, cantavate ‘che puzza, arrivano i napoletani ‘.
Abbiamo sopportato tutto, signor ex Ministro. E va bene lo stesso. Però , signor ex Ministro, c’è una cosa che non sopporto più : sentire la sua indegna bugia su quanto lei sia ‘il nuovo‘. Perché , signor ex Ministro, dal 1993 lei, senza mai aver lavorato, è stato nell’ordine e ininterrottamente :

-consigliere comunale di Milano

-parlamentare europeo

- Senatore

- Ministro dell’interno

- Vicepresidente del consiglio.

Il tutto, per la modica cifra di 2,5 MILIONI di euro di STIPENDI pubblici.
E va bene, signor ex Ministro, lei ha percepito regolarmente l’indennità prevista dalla legge. Però , mi consenta: smetta di parlarci di casta, come se lei fosse un francescano scalzo, che della politica e dei suoi privilegi non sa nulla.
Smetta di insultare le tante persone che la politica la fanno con serietà e passione e magari gratis, come tanti di noi. Poi, se insieme ai suoi ‘giornalisti’ e al suo staff di comunicazione, vuole continuare a chiamare comunista, zecca, idiota, chiunque non la pensi come lei, o a darci dei terroni, faccia pure: una risata fa sempre bene, e ultimamente ridiamo assai di più .

Angela D’Alto. Terrona  (un vice sindaco del sud)





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FONTANA E GALLERA SONO 2 INCOMPETENTI

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Trump Non ha Pagato Tasse per almeno 10 degli ultimi 15 anni

Trump Non ha Pagato Tasse per almeno 10 degli ultimi 15 anni


Versati solo 750 dollari nel 2016 e 2017


Il New York Times rivela che il presidente ha pagato appena 750 dollari di tasse federali sul reddito sia l’anno in cui ha vinto la presidenza sia il suo primo anno alla Casa Bianca.
 Informazioni bollate come "fake" dal tycoon

Lo scoop del New York Times arriva alla vigilia del primo dibattito tra candidati presidenziali e rovina la festa al tycoon il giorno dopo la controversa nomina della giudice Amy Coney Barrett alla Corte Suprema. Il quotidiano americano ha infatti ottenuto informazioni sulle dichiarazioni fiscali fatte negli ultimi 20 anni dal presidente americano e scoperto che Donald Trump non ha pagato tasse federali sul reddito per almeno 10 degli ultimi 15 anni, e nel 2016 e 2017 ha sborsato 
solo 750 dollari per ciascun anno.


La notizia bomba è stata pubblicata proprio nel momento in cui Trump stava per iniziare una conferenza stampa convocata per attaccare i media, rei di criticare la scelta della giudice Barrett solo – ha detto – perché è cattolica. Ma la questione è passata subito in secondo piano, con il presidente costretto a difendersi dalle domande dei giornalisti e che ha liquidato le rivelazioni del Nyt come “assolute fake news’. Secondo le carte di cui il Nyt è venuto in possesso, Trump avrebbe pagato appena 750 dollari di tasse federali sul reddito sia l’anno in cui ha vinto la presidenza sia il suo primo anno alla Casa Bianca. Avrebbe invece pagato ‘zero dollari’ in dieci degli ultimi 15 anni, soprattutto – si spiega – grazie all’escamotage di riportare molte più perdite rispetto alle somme guadagnate.


Le finanze del presidente – racconta sempre il Nyt – sarebbero poi sotto stress, con centinaia di milioni di debiti legati in gran parte alla gestione delle proprietà della Trump Organization, l’impero di famiglia. In particolare Trump sarebbe personalmente responsabile di prestiti e altri debiti per 421 milioni di dollari la cui gran parte sarebbero da rimborsare entro quattro anni. C’è di più: a complicare la situazione, spiega il Nyt, ci sarebbe anche un’annosa controversia con l’Irs, il fisco americano, per un rimborso fiscale di 72,9 milioni di dollari entrati che si sospetta Trump abbia richiesto e ottenuto dichiarando enormi perdite. Una controversia che se dovesse vedere Trump perdente potrebbe costare al presidente oltre 100 milioni di dollari.


Trump Non ha Pagato Tasse per almeno 10 degli ultimi 15 anni




Il direttore esecutivo del Nyt, Dean Baquet, ha spiegato così la decisione di pubblicare le carte: “Crediamo che i cittadini debbano sapere il più possibile dei loro leader e rappresentanti, le loro priorità, le loro esperienze e anche le loro finanze”. Trump, si ricorda, finora si è sempre rifiutato di rendere pubbliche le proprie dichiarazioni dei redditi, nonostante le richieste anche da parte del Congresso e della magistratura. “Ogni presidente dalla metà degli anni ’70 ha pubblicato le proprie informazioni fiscali – ricorda Baquet – e Trump, uno dei presidenti più ricchi della nostra storia, ha rotto con questa tradizione”.

Per i legali della Trump Organization lo scoop del Nyt è “inaccurato”: negli ultimi decenni – si spiega – il presidente ha pagato decine di milioni di dollari in tasse personali al governo federale, compresi milioni di dollari da quando ha annunciato la sua candidatura nel 2015.





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Ora i Parlamentari Vogliamo Sceglierli Noi

Ora i Parlamentari Vogliamo Sceglierli Noi

AL PARLAMENTO ed AI PARTITI diciamo:
 Basta con le liste bloccate

Ora i parlamentari vogliamo sceglierli noi



Come promesso, dopo la vittoria del Sì al Referendum sul taglio del numero dei parlamentari, Il Fatto lancia una nuova campagna, aderendo all’appello di 10 autorevoli costituzionalisti del Sì e del No.

Chiediamo alle forze politiche una nuova legge elettorale che cancelli la vergogna delle liste bloccate che dura da 15 anni. Ora serve restituire ai cittadini il diritto-potere di scegliersi i propri rappresentanti. 

    ECCO L’APPELLO DEI 10 COSTITUZIONALISTI CHE FACCIAMO NOSTRO

Lorenza Carlassare, Enzo Cheli, Ugo De Siervo, Roberto Zaccaria, Paolo Caretti, Roberto Romboli, Stefano Merlini, Emanuele Rossi, Giovanni Tarli, Andrea Pertici

Visto il risultato del referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari, come professori di Diritto costituzionale, riteniamo che sia indispensabile procedere rapidamente 
verso la definizione di una nuova legge elettorale. 

Tra di noi, alcuni hanno votato Sì e altri No, ma ora riteniamo che debba essere comune il nostro impegno per sollecitare una legge che favorisca la rappresentanza ed il pluralismo politico e territoriale, da anni sacrificati.  
Essenziale è un sistema elettorale che consenta alle persone di individuare e scegliere chi mandare in Parlamento, instaurandovi un effettivo rapporto rappresentativo e potendo far valere la loro responsabilità politica. In questo modo si potrà dare una migliore qualità alla rappresentanza e favorire anche una maggiore efficienza delle Camere.
Da troppo tempo le nostre leggi elettorali (“Porcellum”, “Italicum” e “Rosatellum”) hanno imposto sistemi di liste bloccate e la proposta oggi in discussione in Commissione Affari costituzionali della Camera non può rischiare di cadere nello stesso errore, né in quello di privare molti elettori di rappresentanza con soglie troppo elevate. La Corte costituzionale (sentenze n.1 del 2014 e n.35 del 2017) è stata chiara: niente lunghe liste bloccate. Partendo da questo punto, riteniamo essenziale favorire un’effettiva scelta da parte degli elettori, valorizzando i principi costituzionali, superando liste bloccate e candidature multiple.

Con questo appello intendiamo rivolgerci a tutte le forze politiche presenti in Parlamento perché si impegnino nell’approvazione di una legge elettorale che restituisca una maggiore, rappresentanza, invitando coloro che condividano le queste posizioni a unirsi alle nostre richieste.

FIRMA ANCHE TU  



Dopo il taglio del numero dei parlamentari, adesso è necessario dotarci di una legge elettorale che ridia ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti.
Per questo è essenziale reintrodurre le preferenze. Si tratta di una battaglia storica del Movimento 5 stelle ed è arrivato il momento di vincerla insieme a tutti i cittadini.
Cittadini che in questi giorni ci stanno dando un altro segnale chiaro: una petizione online, che sta già superando le 70000 firme, perché nella prossima legge elettorale i candidati non vengano più imposti dall’alto con liste bloccate, ma siano gli elettori a scegliere liberamente 
chi si occuperà della loro vita, del loro futuro.
È fondamentale che i cittadini ritornino ad esercitare i propri diritti,
 a partire da quello di scegliere i parlamentari e non dell’illusione di averli scelti.



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domenica 27 settembre 2020

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venerdì 25 settembre 2020

Ursula von der Leyen dice Abolizione del trattato di Dublino

Ursula von der Leyen dice Abolizione del trattato di Dublino


Allora, la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen propone finalmente l’abolizione del trattato di Dublino e Giorgia Meloni non è d’accordo. Il ragionamento che fa la Meloni è questo: modificare il trattato di Dublino non si può perché i miei alleati 
in Europa non vogliono e Salvini neanche sa cosa vuol dire.

Il trattato di Dublino per intenderci è quello che addossa allo Stato di prima accoglienza tutti gli oneri che riguardano i migranti, quindi scarica il peso dei flussi sulle spalle dei paesi maggiormente esposti alle rotte del Mediterraneo, Italia e la Grecia per intenderci.

Quindi la sovranista de’ noatri, su un tema così importante, quando ci sono da curare gli interessi degli italiani, si piega agli interessi dei sovranisti degli altri paesi (Orbán in primis) che non vogliono immigrati. Molto più semplice il blocco navale. Ci fosse un giornalista, uno solo, che le chiedesse, «mi scusi, in che consiste praticamente questo blocco?»

Per capire, quando le nostre forze dell’ordine incrociano un gommone che sta per affondare, carico di migranti, magari con donne e bambini, in pieno Mediterraneo, 
cosa dovrebbero fare? Non è dato saperlo.

Intanto però oggi scopriamo che come italiani andremo divisi in Europa anche sull’abolizione del trattato di Dublino. Qualcuno ha deciso di mettersi sotto i piedi gli interessi del suo popolo.



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giovedì 24 settembre 2020

Salvini Piange ed anche Meloni non Ride

Salvini Piange ed anche Meloni non Ride




La Lega esce ridimensionata. Vittoria netta in Veneto e Liguria. 
Grande delusione invece in Toscana: 
il vento di Salvini si ferma alle porte di Firenze


Il risultato delle regionali si profila come una forte delusione per il centrodestra e per Matteo Salvini in particolare che sperava molto nella conquista della Toscana. E invece si ripete il caso dell’Emilia Romagna dove la candidata leghista, come oggi la toscana Ceccardi ha perso. Il leader del Carroccio vede riconfermato con un voto bulgaro Luca Zaia, ma la lista del governatore della Serenissima ha praticamente triplicato la lista del partito. Giorgia Meloni conquista le Marche con Francesco Acquaroli ma scivola in Puglia dove Raffaele Fitto, fortemente voluto dalla leader di Fdi, non ce l’ha fatto ad espugnare la fortezza di Michele Emiliano. Vittoria netta di Giovanni Toti in Liguria, ma nel suo complesso il centrodestra ne esce ridimensionato, con il candidato di Silvio Berlusconi in Campania Stefano Caldoro triturato da Enzo De Luca.


Brucia un dato elettorale che segna, tra l’altro, il mancato sfondamento leghista al sud nelle Regioni dove si è andato alle urne. Lui però mostra di assorbire la botta. Dice: «Come sempre e più di sempre, anche questa volta dico grazie ai milioni di Italiane e di Italiani che ci hanno dato fiducia. Se i dati verranno confermati, da domani Lega e centrodestra saranno alla guida di 15 Regioni su 20! E anche dove non ce l'abbiamo fatta, tutti al lavoro con un solo obiettivo: aiutare, proteggere e far crescere la nostra bellissima Italia». Un po’ poco visto che una settimana fa si era lanciato in una previsione troppo ottimista, con un 7 a 0 per il centrodestra. E invece vede la Meloni vincere nelle Marche e Zaia sempre più potente dentro la Lega.


Salvini comunque non sente più quel vento che lo aveva portato molto in alto durante il primo governo Conte, quello a maggioranza gialloverde, con quel 33% alle europee. Poi la rottura con i 5 Stelle nell’estate caldissima del 2019 e via via un calo nazionale verso il 25-26%. Ora bisognerà capire se la decrescita si stabilizzerà o continuerà con questa ulteriore battuta d’arresto. Così come si vedrà se la sconfitta di Fitto in Puglia sarà una complementare frenata per la Meloni che negli ultimi anni è volata a percentuali del 14-16%.




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Salvini al Citofono Inguaia il Carabiniere

Salvini al Citofono Inguaia il Carabiniere


L’arma dei Carabinieri ha emesso un provvedimento disciplinare nei confronti del sottufficiale coinvolto nella pagliacciata della “citofonata” ai danni di una famiglia residente nella periferia di Bologna messa in scena, durante la campagna elettorale in Emilia-Romagna, dall’ex dj del Papeete Beach, che per brevità chiameremo Capitan Coniglio.

Il carabiniere avrebbe “leso l'immagine dell'Arma” facendo da tramite con la donna che accompagnò Capitan Coniglio in quell’occasione.

Bene così. Le forze dell’ordine devono essere un patrimonio di tutti,
 non la guardia personale di qualcuno.




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Il SI VINCE ATTORNO AL 69%

Il SI VINCE ATTORNO AL 69%



A tutti i catastrofisti che vedevano e vedono tuttora la dittatura all'orizzonte, mi sento di dire: proseguiamo nella strada tracciata ovvero legge elettorale proporzionale con ripristino delle preferenze e modifica dei regolamenti parlamentari.

Rendiamo più riconoscibili e autorevoli gli eletti e i rappresentanti dei cittadini, che dovranno vigilare sulla espansione della democrazia progressiva, a tutti i livelli, nazionali, regionali e locali, unica strada per recuperare quelle istanze di partecipazione popolare alle decisioni pubbliche, che non limitino il concetto di democrazia al solo voto alle elezioni, di qualunque ente rappresentativo si tratti.

I cittadini devono impadronirsi delle istituzioni nel senso di controllarle, parteciparvi dall'interno mediante enti di prossimità, richiamare i pubblici rappresentanti alla coerenza e alla legalità per la promozione e difesa dei diritti e dei beni comuni.





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sabato 19 settembre 2020

Nilde Iotti sul Taglio dei Parlamentari

Nilde Iotti sul Taglio dei Parlamentari



Nilde Iotti, prima donna a ricoprire la carica di Presidente della Camera dei Deputati. 
Le sue parole nel 1984, 36 anni fa, sul taglio dei parlamentari.

“Nel 1948 quando è entrata in vigore la Costituzione, uscivamo dal fascismo e c’era la necessità di ristabilire un rapporto del tutto democratico con la società. Ma adesso ci sono Consigli Regionali che sono stati eletti nel 1970, Consigli Provinciali, Consigli Comunali, siamo cioè di fronte ad una democrazia molto più articolata. 
Allora io ritengo che il numero dei parlamentari sia davvero troppo alto”.

Non aggiungo altro.
E c’è ancora chi parla di populismo...
Votando SÌ al referendum del 20 e del 21 settembre ci riprendiamo la storia e la ragione, oltre che mezzo miliardo di euro di risparmi in 5 anni che potremo investire in strade, scuole e ospedali.
È un bene che anche da alcune Regioni sia arrivata un’apertura a una riforma che l’Italia aspetta da decenni.
Normalità, equilibrio, giustizia, trasparenza: sono questi i valori della democrazia.
#IoVotoSi



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Onida si schiera per il Sì


referendum


Col taglio degli eletti il parlamento funzionerà meglio, anche senza correttivi’. 
L’ex presidente della Consulta Onida si schiera per il Sì

Il professore emerito di Diritto costituzionale alla Statale di Milano spiega a Repubblica che "un Senato di 200 membri può lavorare benissimo. Perché un Parlamento meno numeroso, ma con gli stessi poteri, dovrebbe essere meno influente? Non è così". A chi gli contesta la sua contrarietà alla riforma Renzi del 2016 ribatte: "Nei referendum precedenti non c’era possibilità di distinguere tra i vari aspetti". Il capo del Comitato del No Villone: "Cittadini imbavagliati"

referendum

“Con il taglio dei parlamentari le Camere potrebbero funzionare meglio”, in caso di vittoria del Sì non si rischia alcuno “squilibrio costituzionale”, mentre i correttivi – auspicati sui quali Zingaretti ha vincolato il sì del partito al referendum – “non sono indispensabili”. In un colloquio con Repubblica, Valerio Onida smonta punto per punto le tesi di chi è deciso a votare No, il 20-21 settembre, alla consultazione sulla riduzione del numero dei parlamentari. E contesta pure la tesi dello “squilibrio costituzionale” sostenute dallo stesso giornale che lo intervista. Giudice costituzionale per un decennio, presidente della Consulta dal 2004 al 2005 e professore emerito di Diritto costituzionale alla Statale di Milano, Onida sostiene innanzitutto che “sia improprio dire No senza una validissima ragione di merito”, dal momento che in ultima lettura la riforma è stata approvata
 “da tutte le forze politiche in campo”.

“Il no aggraverebbe il fossato di sfiducia che già c’è tra cittadini e istituzioni”, spiega, replicando al giornalista che gli chiede se “sia diventato grillino”. Secondo Onida, un Parlamento composto da 600 membri “non funzionerà peggio, anzi potrebbe funzionare meglio se si coglie questa occasione per mettere mano a tanti aspetti dei regolamenti e delle prassi parlamentari“. È ritenuto più debole, invece, l’argomento di chi sostiene che grazie al referendum lo Stato risparmierà centinaia di milioni a legislatura. “È una motivazione fasulla. Non si risparmia sulle istituzioni. Ma è un argomento usato purtroppo in altre occasioni da tutte le forze politiche“.

L’ex presidente della Corte chiarisce poi perché, a suo parere, “le presunte conseguenze negative della riforma che vengono oggi agitate, non mi sembrano tali”. Nessuna compromissione dei lavori parlamentari: “Un Senato di 200 membri può lavorare benissimo“, spiega. Per Onida non sarebbero indispensabili nemmeno i correttivi ritenuti indispensabili dal fronte del No (tra cui un nutrito gruppo di costituzionalisti). “Prendiamo la questione dell’elezione del Capo dello Stato. Non mi convince l’obiezione che riducendosi il numero dei parlamentari e rimanendo, nell’assemblea che elegge il Capo dello Stato, tre rappresentanti per ogni Regione, il peso di questi aumenterebbe indebitamente. La Costituzione ha concepito il corpo elettorale del Presidente come più ampio del solo Parlamento, trattandosi di eleggere colui che per 7 anni rappresenterà l’unità nazionale“.


Nel corso dell’intervista il costituzionalista – che aveva sostenuto il No alle riforme di Renzi e Berlusconi, contestando il “rischio di riforme complessive, mentre questa non lo è” – sottolinea anche la necessità di slegare il tema della legge elettorale (oggetto dell’accordo tra M5s e Pd che ha portato al via libera dei dem al taglio). E respinge l’argomento del disequilibrio costituzionale cavalcato dal direttore di Repubblica Maurizio Molinari nell’editoriale con cui ha schierato il giornale per il No. È una tesi che “non capisco“, commenta Onida. “Perché un Parlamento meno numeroso, ma con gli stessi poteri, dovrebbe essere meno influente? Non è così”. Nel caso dei tentativi di riforma portati avanti da Berlusconi e Renzi, invece, la situazione era ben diversa. “Nei referendum precedenti non c’era possibilità di distinguere tra i vari aspetti“, conclude. “Quello attuale è un quesito semplice, cui è più facile rispondere con un sì o con un no”.

Ben diversa è, invece, la posizione espressa sempre su Repubblica dell’ex senatore Massimo Villone, oggi a capo del Comitato per il No. “Il taglio dei parlamentari non si può ridurre a una questione di numeri, ma tocca la rappresentatività stessa dell’istituzione parlamentare, cioè la ragione per cui il Parlamento esiste”, spiega sempre al quotidiano romano. A suo parere, se passasse il Sì, “in molte Regioni piccole e medie andrebbero soprattutto in Senato due, forse tre forze politiche, lasciando senza voce un’ampia percentuale, stimabile anche fino al 15 o 20% del corpo elettorale. Con l’inevitabile conseguenza di un disallineamento con la Camera dove le stesse forze, invece, riuscirebbero ad avere una congrua rappresentanza”. Da qui la necessità non solo di varare una nuova legge elettorale, ma anche un’ulteriore riforma della Carta per “abolire la base elettorale regionale per il Senato”. Correttivi che Villone ritiene indispensabili per non “imbavagliare i cittadini”.


Sono proprio i correttivi l’argomento che potrebbe sbloccare il Pd a una posizione ufficiale per il Sì. Ieri il segretario Nicola Zingaretti ha rimarcato questo tema, spiegando che l’ok dei dem può arrivare “parallelamente a modifiche regolamentari”. Facendo appello al premier e con una linea non distante da quanto annunciato domenica da Di Maio. Il ministro ha parlato di “inizio di un percorso con il Sì al referendum”. Il partito democratico, che ha votato compatto per il taglio nell’ultimo passaggio parlamentare, ora insiste sul rispetto degli accordi “più complessivi” che erano stati presi nella maggioranza. Sempre ieri, due esponenti del partito come l’ex segretario Maurizio Martina e il governatore dell’Emilia Romagna Bonaccini, si erano espressi per il sì: “E’ una riforma che la sinistra insegue da 30 anni”.




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martedì 15 settembre 2020

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venerdì 11 settembre 2020

Salvini Bloccato al Covid Center di Salerno

Salvini Bloccato al Covid Center di Salerno




Quello che è successo ieri è semplicemente meraviglioso.

Salvini decide di irrompere al Covid Center di Salerno, seguito dalla sua entourage più qualche politico locale al quale non sembrava vero di cogliere l’occasione per avere un momento di visibilità.

Insomma, arrivano all’ospedale e indovinate cosa fa il direttore?

Fa una cosa geniale. Gli chiude semplicemente la Porta inFaccia.

Ecco la meravigliosa dichiarazione del direttore del Covid Center:

“In relazione all’iniziativa di cui non è mai pervenuta preventiva richiesta a questa Direzione che ha visto irrompere in Ospedale il Segretario della Lega accompagnato da altri politici candidati locali, 
si precisa quanto segue:

1) Le norme di sicurezza e prevenzione legate all’emergenza Covid non consentivano e non consentono l’ingresso in Ospedale di persone estranee, a tutela della sicurezza dei pazienti e dell’interno personale. Nemmeno i familiari dei degenti, anche in casi di particolare gravità, possono accedere. E’ stato un atto non rispettoso delle regole, inopportuno in relazione anche all’attuale fase emergenziale e quanto determinatosi sarà oggetto di approfondimento.

2) Da un anno e mezzo, la Direzione dell’AOU Ruggi, come quella di tutte le Aziende Sanitarie della Campania, si attiene rigorosamente a una precisa disposizione firmata dal Presidente della Regione, che vieta ad esponenti di tutti i partiti di entrare negli ospedali per motivi politici, 
tanto più in periodo elettorale.

Gli Ospedali sono luoghi di Sofferenza e di Cura, non di demagogia, come in ogni Paese civile”.



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Bersani Vota Si

assieme a molti altri a sinistra, ho sempre proposto la riduzione dei parlamentari. Non certo per antiparlamentarismo, ma per l’efficienza e l’autorevolezza della rappresentanza. Tutto questo naturalmente in un quadro di condizioni coerenti e necessarie. Rimango di quella idea.



Referendum: Bersani, Occhio al trappolone

Mi si chiede che cosa farò al referendum. Su un tema così controverso ogni opinione in famiglia è legittima e va rispettata. Io, assieme a molti altri a sinistra, ho sempre proposto la riduzione dei parlamentari. Non certo per antiparlamentarismo, ma per l’efficienza e l’autorevolezza della rappresentanza. Tutto questo naturalmente in un quadro di condizioni coerenti e necessarie. Rimango di quella idea.
Che cosa farò ora? Guarderò nei prossimi giorni due cose.
 
La prima sarà la credibilità del percorso. Il percorso di una nuova legge elettorale, certamente, ma prima ancora del progetto di legge Fornaro. Lì si risolve una distorsione nella rappresentanza del Senato che ci ha già destabilizzati più volte e che con la riforma si aggraverebbe.
 
La seconda cosa che guarderò sarà l’andamento del “trappolone”. Chiamo così la campagna per un no insincero, mirato ad aprire un solco incolmabile tra 5 Stelle e sinistra, e quindi a destabilizzare il governo. Prendesse piede questa campagna che è già in corso, non mi ci arruolerei di certo.
 
Davanti all’appuntamento referendario è ovvio e sacrosanto che prevalga l’elemento costituzionale e istituzionale. Vedo tuttavia troppa noncuranza, anche in questo passaggio, di un dato politico profondo. Nella storia d’Italia tutte le volte che forze democratiche non hanno compreso di dover trasformare una controversa prossimità in un progetto e in un campo comune, hanno lasciato strada libera alle destre, da tragedia o da operetta che fossero.
Lo ha scritto sulla sua pagina Facebook Pier Luigi Bersani.




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Musumeci e Salvini stanno Distruggendo la Sicilia

Musumeci e Salvini stanno Distruggendo la Sicilia



SOSPESI. Che brutta notizia stasera per il duo Salvini-Musumeci.
 Quell’ordinanza del presidente della Regione siciliana, poco fa sospesa dal Tar, li ha asfaltati. Il Tribunale ha accolto l'istanza presentata dalla Presidenza del Consiglio e dal ministero dell'Interno e ha confermato che quel foglio sventolato in diretta Facebook da Musumeci va oltre i poteri delle Regioni e soprattutto non dimostra l’aggravamento del rischio sanitario legato al fenomeno migratorio.
Meno male. Meno male per la mia Sicilia. Per chi lavora, produce, nonostante le difficoltà. 
E sapete perché?

Provate per un istante a mettervi nei panni di un turista che sogna di venire a visitare la Sicilia con la propria famiglia. Secondo voi, quando in TV sente che Salvini e Musumeci dicono che l’isola è un Lazzaretto, il campo profughi d’Europa, che i migranti passeggiano per strada e infettano tutti quelli che passano accanto, che cosa pensa? Di andare lontano anni luce da qui, naturalmente.

Salvini non conosce la Sicilia e quando non l’ha ignorata l’ha insultata. Detto molto chiaramente, a lui dei siciliani non importa un fico secco. D’altronde è sempre quello stesso Salvini che una volta affermò che Enna si trova in provincia di Catania e un’altra volta scambiò l’immagine dell’Etna con quella del Vesuvio. Lui oggi ha un solo interesse: descrivere la Sicilia come campo profughi d’Europa per prendere voti nelle Regioni in cui si vota: Veneto, Toscana, Campania, Puglia, Marche, Liguria.

Ma il suo interesse non coincide con l’interesse di noi siciliani, dei lavoratori del settore turistico, dei ristoratori, dei commercianti, degli albergatori, di tutti gli imprenditori che dopo il lockdown si sono tirati su le maniche per far funzionare la stagione, per recuperare qualcosa dopo il disastro economico generato dall’epidemia.

Chiamo a testimoniare i siciliani e tutti coloro che sono stati in Sicilia per le vacanze: sto mentendo io o mente Salvini? Avete veramente visto le nostre strade invase dai migranti? Li trovate nelle nostre località turistiche, nelle nostre città a bivaccare? Sfido Salvini a un confronto pubblico, nel solo interesse della mia terra e della verità.

Sta raccontando un mucchio di balle soltanto per raccattare voti sulla pelle di noi siciliani e della nostra economia. È lui che deve togliersi dalle scatole e lasciarci in pace. Deve lasciare che il popolo siciliano si risollevi dopo il disastro economico, un popolo che non ha bisogno di nuove palle ai piedi. I turisti vengono, per fortuna in tantissimi, e trovano un’accoglienza straordinaria perché noi siciliani il nostro lavoro sappiamo farlo.

E Musumeci, che da presidente della Regione dovrebbe tutelare gli interessi della Sicilia, decide invece di ingraziarselo facendogli da vassallo. Pure lui amplifica, fa apparire la nostra isola invasa attraverso ordinanze farlocche, girando le tv di tutta Italia, alimentando la narrazione dell’invasione per favorire il disegno del suo nuovo mentore padano.

Faccio una scommessa con tutti voi: scommetto che fra qualche giorno Musumeci e Salvini stringeranno un patto politico elettorale! Vedrete che il buon Nello aderirà alla Lega o farà un accordo politico tra il suo movimento e la Lega.

Presidente Musumeci, sia gentile, la smetta di denigrare la sua Regione, di andare in tv a terrorizzare la gente, di rilasciare interviste descrivendo una situazione inesistente. Piuttosto dia una mano ai sindaci di frontiera che non possono permettersi di perdere tempo e devono garantire sicurezza sanitaria e ordine pubblico ai loro concittadini. Faccia i tamponi, si assicuri che venga misurata la temperatura a chi sale e scende dai traghetti, dagli aliscafi, dagli aerei. Lei è l’autorità sanitaria per la Regione, vuole che le venga riconosciuta e garantita questa prerogativa? Bene, la eserciti allora!




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Travaglio Annulla il No

Travaglio Annulla il No



 “Sembrano usciti dalle serate alcoliche del Billionaire”

Più si avvicina la data del referendum, più i sondaggi (l’ultimo quello di Winpoll) danno il No in forte crescita, più aumenta la tensione tra i “capoccia” del Sì. Tensione che in qualche caso sfocia nell’insulto o, peggio, in atti di bullismo politico. Qualche giorno fa è stato il ministro Luigi Di Maio a rivolgersi ai sostenitori del No definendoli “establishment”. Oggi, sul Fatto Quotidiano, tocca ad un altro instancabile “sponsor” del Sì, Marco Travaglio, attaccare chi osa pronunciarsi per il No. Secondo Travaglio, autentico cultore della disciplina psichiatrica, per quelli del No, “che paiono usciti da una serata alcolica del Billionaire”, serve la neuro. Che poi – ribatte qualcuno – ci sarebbe da scommettere che quelli che frequentano il Billionaire, semmai, voteranno sì.


“Brutalmente violentata dai Briatore Boys – argomenta Travaglio – nella saga estiva della Prostata Smeralda, la Logica cercava un po’ di ristoro su una questione puramente matematica: la riduzione dei membri del Parlamento italiano, fra i più pletorici del mondo, che ora rischia di diventare un po’ più moderno ed efficiente. Purtroppo anche lì la Logica prende botte da orbi dai fronti del No e del Ni, che paiono usciti dalle serate più alcoliche del Billionaire”.

Un travaso di bile comprensibile, quello di Travaglio, alla luce degli scarsi riscontri che sta avendo la campagna pro-Sì del suo quotidiano. I post favorevoli alla riforma Di Maio, pubblicati sui canali social del quotidiano, non sembrano essere accolti con entusiasmo dai lettori. Di questo passo, sì che ci sarà da chiamare l’ambulanza: ma non certo per i sostenitori del No.
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Membri dello Staff Denunciano Flavio Briatore

Membri dello Staff Denunciano Flavio Briatore

Billionaire : Membri dello Staff Denunciano Flavio

Ieri Flavio Briatore, nell’ennesima delirante intervista a “La Stampa”, aveva affermato che al Billionaire sono state rispettate tutte le distanze di sicurezza e le regole sulle mascherine e che, in definitiva, se è scoppiato un focolaio, “è tutta colpa dei clienti incivili”.

Oggi - come riporta Next Quotidiano - viene fuori che due membri dello staff, entrambi positivi, si sono presentati al sindacato gallurese della Cisl per fare due cose:

Primo: smentire da cima a fondo la versione del loro capo:

“Non c’era la percezione del pericolo - hanno raccontato - Abbiamo visto entrare e circolare gente senza mascherina. Talvolta alcuni colleghi la calavano sotto il mento o lasciavano il naso scoperto. Dentro c’era caldo, e bisognava correre di qua e di là tutta la sera: c’era chi la toglieva per respirare meglio.”

Cioè, in pratica, esattamente quello che si vede in tutti i video e foto delle serate.

Secondo: hanno aperto una bella pratica Inail per infortunio sul luogo di lavoro causa Covid. Tanto per ricordare a Briatore che può prendere in giro mezza Italia con la prostatite, ma le leggi del lavoro valgono ovunque e per tutti. Anche per lui.

Niente: ormai siamo di fronte a un caso umano senza precedenti, smentito e sbugiardato dai suoi stessi dipendenti, e a cui crede ormai solo la Santanché.

Se non ci fosse da piangere, ci sarebbe da ridere.




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Lega 3 Commercialisti Arrestati

Fondi Lega, arrestati per il caso Lombardia Film Commission i tre commercialisti del Carroccio

Fondi Lega, arrestati per il caso Lombardia Film Commission
 i tre commercialisti del Carroccio


I tre professionisti - Arturo Maria Scillieri, Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni - si trovano ai domiciliari. Dovranno rispondere dell'accusa di peculato, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte

Fondi Lega, arrestati per il caso Lombardia Film Commission i tre commercialisti del Carroccio



Sono stati arrestati e si trovano ai domiciliari da giovedì pomeriggio Arturo Maria Scillieri, Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, i tre commercialisti vicini alla Lega indagati nell'ambito dell'inchiesta sul caso Lombardia Film Commission e sulla compravendita di un immobile a Cormano.

I militari del nucleo di Polizia economico-finanziario della Guardia di Finanza hanno eseguito l'ordinanza di custodia cautelare per i tre professionisti
 e per Fabio Giuseppe Barbarossa, cognato di Scillieri.

Agli arrestati sono stati contestati a vario titolo reati di peculato, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Fondi Lega, arrestati per il caso Lombardia Film Commission i tre commercialisti del Carroccio



Il caso Lombardia Film Commission
L'inchiesta milanese su una presunta compravendita gonfiata di un immobile per la Lfc, che era presieduta da Alberto Di Rubba, è stata condotta parallelamente a quella dei pubblici ministeri di Genova sui 49 milioni di euro di rimborsi del Carroccio spariti.


Un blitz della guardia di finanza nella sede della Regione Lombardia era stato fatto nella mattinata di martedì 21 luglio, quando i militari avevano effettuato una serie di perquisizioni sulla vicenda della Lombardia Film Commision e sulla compravendita, avvenuta tra il 2017 e il 2018, di un immobile a Cormano. L'indagine aveva già portato al fermo Luca Sostegni e aveva visto indagati i tre commercialisti vicini al Carroccio che ora sono finiti ai domiciliari.



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