Condannati perché anarchici e italiani.
Condannati perché poveri e immigrati. Condannati perché ultimi.
Oggi Sacco e Vanzetti pagavano il loro essere tutto questo, e venivano condannati alla sedia elettrica.
Venivano condannati oggi Sacco e Vanzetti, calzolaio e pescivendolo, due italiani ingiustamente accusati dalla giustizia americana di duplice omicidio. Li condannarono alla sedia elettrica anche quando uno degli uomini responsabili di quegli omicidi confessò il crimine. Non gliene fregava niente. Erano italiani, erano immigrati, erano “sovversivi” e a loro serviva giustiziare qualcuno. Toccò agli ultimi, come sempre avviene.
L’ingiustizia di quella condanna verso due uomini che non avevano mai torto un capello a nessuno fu così evidente da smuovere l’opinione pubblica italiana tutta, e quindi portare persino il governo italiano, all’epoca fascista, a muoversi – sia pur tiepidamente – per provare ad evitargli la morte, nonostante i due fossero anarchici. Ma non servì a nulla.
Morirono pochi mesi dopo la condanna, tutti e due uccisi dalla sedia elettrica.
Le ceneri, almeno quelle, riuscirono a riportarle in Italia,
in Piemonte e in Puglia, le loro terre d’origine.
Alla loro storia, alle loro vite, il ricordo più sentito.Ciò che importava era mandare sulla sedia elettrica due immigrati, due che combattevano un mondo ingiusto. E a nulla valsero le proteste, le manifestazioni, le pressioni per scagionarli o dar loro la grazia.
Il 5 aprile la decisione, l’infame e vergognosa decisione di uccidere due innocenti, venne presa.
Nell’agosto dello stesso anno, il 1927, la sentenza venne eseguita.
Morivano così Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, calzolaio e pescivendolo. Morivano senza aver commesso alcun reato, se non quello che agli occhi degli uomini che li condannarono era ben più grave di ogni altro: essere diversi e pensarla diversamente. Questa diversità, la pagarono con la vita.
Che il loro ricordo non sbiadisca mai in tutte e tutti noi.
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