"Mentre 20 milioni di americani perdevano il loro lavoro, i 650 miliardari in America hanno visto la loro ricchezza aumentare di oltre mille miliardi di dollari. È ora di fare qualcosa. È ora che le grandi aziende americane e i più ricchi paghino la loro giusta quota".
No, non è un editoriale di qualche foglio di estrema sinistra.
Non sono le dichiarazioni di chi, tra noi, viene sistematicamente accusato di provare "invidia sociale" da chi ha tanto e non vuole rinunciare a nulla.
Sono le parole che il presidente degli Stati Uniti d'America Joe Biden ha utilizzato per promuovere il suo piano da 4.000 miliardi per rilanciare il Paese. Un piano che, tra le altre cose, prevede di aumentare dal 21 al 28% le tasse per le corporation, dal 37% al 39,6% le aliquote fiscali individuali per i redditi superiori al milione.
Per far cosa? Per offrire quattro anni di scuola e università gratuiti per tutti, di cui due di asilo nido e due di community college, a tutti gli americani; per aumentare le scuole dell'infanzia; per sostenere i crediti anti-povertà; per finanziare 12 settimane di assenze pagate dal lavoro (fino all'80% del salario) per ragioni familiari o di salute.
Tutto questo dopo aver firmato un decreto presidenziale che aumenta il salario minimo dei lavoratori federali a tempo determinato da 10,95 a 15 dollari, in particolare per i lavoratori delle mense, per gli addetti alle pulizie e per i manutentori.
Nel frattempo, in Italia, tutto questo resta un tabù.
Resta un tabù il salario minimo, nonostante ci siano tante persone costrette a fare due o tre lavori per avere uno stipendio dignitoso.
Resta un tabù proporre un contributo, persino di solidarietà, a chi in questo anno di pandemia anziché impoverirsi si è ulteriormente arricchito.
Resta un tabù la web tax per i colossi del web come Amazon, Google e la stessa Netflix, che paga meno di un operaio (appena 6.000 euro).
Eppure, chiederlo non è bolscevismo, è semplicemente Joe Biden. Facciamo come l'America.
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