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giovedì 6 maggio 2021

Virginia Raggi e la Pista Ciclabile Asfaltata

Virginia Raggi e la Pista Ciclabile Asfaltata

Virginia Raggi e la “colata di asfalto” sul lungotevere: ciclabile era già ne “La Grande Bellezza” 
 Per denunciare l’indegna attenzione che per servilismo i giornalisti italiani dedicano a qualsiasi cazzata di Salvini, propongo questo brevissimo spezzone (traduco per i malati di anglofonia: clip) da uno dei miei film preferiti, “La grande bellezza”, che ha fatto innamorare dell’Italia e di Roma decine di miei studenti. Come persona Sorrentino non mi piace: non dimentico le sue simpatie per Renzi; però non posso che ammirarlo come regista e soprattutto per la sua straordinaria capacità di rappresentare ed esplorare la bellezza. Per esempio quella degli argini del Tevere, filmati appunto per esaltare il fascino di Roma in una delle scene fondamentali della pellicola che gli diede l’Oscar e che fu girata nel 2012, quando sindaco era il meloniano-berlusconiano Alemanno. 

Guardando lo spezzone noterete la pista ciclabile, che si armonizza all’ambiente e che infatti Sorrentino non cercò di nascondere, come avrebbe potuto facilmente (“niente come fare un film costringe a guardare le cose” aveva scritto Pasolini in uno dei suoi ultimi articoli). Dubito che Salvini abbia mai letto Pasolini e visto “La grande bellezza” e di sicuro non ha mai passeggiato lungo il Tevere: altrimenti non avrebbe accusato Virginia Raggi di una “colata di asfalto” che non solo non ha fatto lei ma che per decenni non ha suscitato l’orrore di nessuno e che anzi Sorrentino aveva intenzionalmente evidenziato nel suo ritratto agiografico della capitale, con la carrellata a seguire i tre podisti (joggers, per i suddetti anglofoni).Per una lista completa dei figuri che, ignoranti e scorretti quanto Salvini ma con l’aggravante di essere romani, hanno calunniato Raggi, basta che cerchiate su Google (io ho inserito “Salvini lungotevere pista ciclabile”): ci sono tutti, da Carlo Calenda (figlio di una regista!) al “Messaggero”, dal “Tempo” a “Italia nostra”, di cui fui membro ai tempi di Antonio Cederna ma che adesso è diventata un’associazione liberista per madamine e attempati radical chic.



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