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martedì 22 dicembre 2020

Lara Comi Truffa alla Ue

Lara Comi e la Truffa all'Ue


Avrebbe “in modo sistematico e assolutamente spregiudicato piegato a fini personali il proprio ufficio pubblico, commettendo una serie di illeciti allo scopo di drenare denaro dalle casse dell’Unione Europea in proprio e in favore altrui, sfruttando a questo scopo tutti i possibili canali derivanti dal proprio ruolo”. 
Il provvedimento di sequestro è parte di un’indagine partita dall’inchiesta “Mensa dei poveri”, che aveva già coinvolto Comi, indagata nel filone principale dell’inchiesta per finanziamento illecito, corruzione e anche truffa aggravata proprio ai danni del Parlamento europeo.
 “Il denaro veniva consegnato alla stessa Comi o al padre Renato Comi, o mediante bonifici al conto di Lara Comi e dell’associazione “Europa4you”, sempre riconducibile al politico”.
Dopo le prime perquisizioni, gli indagati tentano di cancellare le prove delle loro condotte.
Truffa all'Ue, sequestrati oltre 500 mila euro all'ex europarlamentare Lara Comi

Il sequestro è parte di un'indagine partita dall'inchiesta Mensa dei poveri, che aveva coinvolto l'ex europarlamentare di Forza Italia

Un sequestro di 525 mila euro all'ex europarlamentare di Forza Italia Laura Comi, in solido con altri cinque indagati, accusati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Lo ha eseguito questa mattina il Nucleo di polizia economico di polizia economica giudiziaria della Guardia di Finanza di Milano, su disposizione del gip Raffaella Mascarino, che ha accolto la richiesta dei pm Silvia Bonardi, Luigi Furno e Adriano Scudieri. Secondo l'accusa gli indagati avrebbero incassato i finanziamenti del Parlamento Europeo dichiarando un'attività di assistenza all'ex politico di Forza Italia che in gran parte non sarebbe stata realizzata, per poi retrocedere buona parte delle somme alla stessa Laura Comi e al padre. Il gruppo avrebbe "indotto in errore il Parlamento Europeo in ordine ai contratti stipulati e all'attività lavorativa prestata dall'assistente locale nominato dall'europarlamentare Laura Comi - si legge nel capo di imputazione indicato nel decreto di sequestro -  procurandosi un ingiusto profitto con correlativo danno per l'istituzione comunitaria, consistente nei contributi erogati dal Parlamento per l'attività contrattualizzata, effettivamente prestata solo in minima parte".

 


"Uso spregiudicato dell'incarico pubblico"
Duro l'atto d'accusa della procura: Comi avrebbe "in modo sistematico e assolutamente spregiudicato piegato a fini personali il proprio ufficio pubblico, commettendo una serie di illeciti allo scopo di drenare denaro dalle casse dell'Unione Europea in proprio e in favore altrui, sfruttando a questo scopo tutti i possibili canali derivanti dal proprio ruolo". Il provvedimento di sequestro è parte di un'indagine partita dall'inchiesta "Mensa dei poveri", che aveva già coinvolto Comi, indagata nel filone principale dell'inchiesta per finanziamento illecito, corruzione e anche truffa aggravata proprio ai danni del Parlamento europeo.

 

Ora con l'ex parlamentare europeo sono indagati per truffa, Gianfranco Bernieri (nel ruolo di "terzo erogatore", il soggetto cioè che presenta le fatture e incassa i rimborsi dal Parlamento Europeo e li gira poi al parlamentare che rappresentata), gli assistenti parlamentari Enrico Giovanni Saia e Maria Carla Ponzini (moglie di Bernieri), gli assistenti locali Giovanni Pio Gravina e l'assistente locale Alessia Monica (marito e moglie). "Il denaro confluito sui conti del "terzo erogatore" Bernieri - è una delle accuse della procura - veniva drenato dagli indagati o mediante l'appropriazione del contante, che in certo periodo veniva consegnato alla stessa Comi o al padre Renato Comi, ovvero mediante bonifici dal conto di Bernieri al conto di Lara Comi e dell'associazione "Europa4you", 
sempre riconducibile al politico".

 

Le buste col denaro a Lara Comi
Il primo rapporto di lavoro sotto inchiesta riguarda i contratti di Enrico Giovanni Saia, per un importo complessivo di 104.975 euro. Saia, accusano i magistrati, era stato informato che "avrebbe percepito solo una minima parte del compenso fissato". Sentito a verbale, Bernieri affermava che "da dicembre 2014 e fino a dicembre 2015, quindi per l'intera durata del suo contratto, gli stipendi venivano corrisposti in contanti". Il funzionario ricorda che "quando Comi mi disse di assumere Saia, a differenza delle altre assunzioni, mi chiese di non corrispondere al dipendente lo stipendio ma di effettuare il pagamento a lei stessa, che avrebbe provveduto personalmente a liquidare l'emolumento a Saia". Poi Bernieri entra nello specifico: "Come mi ha chiesto la Comi, ricevuto il bonifico applicavo le ritenute necessarie e calcolavo il netto. Quindi emettevo assegni a mio nome apponendo le firme di girata. Gli assegni erano tre o quattro al mese, sempre di importo inferiore ai mille euro, in modo da arrivare la cifra prevista di 3300. Venivano poi portati all'incasso in banca dal mio collaboratore che ritirava i contanti portandoli in ufficio. Quindi io apponevo i soldi in una busta che veniva messa nella cassaforte. Quando raggiungevo la cifra totale la Comi o suo padre Renato veniva presso il mio ufficio a girare la busta con il denaro. Saia da me non ha mai preso un euro".

 

"Cancellare le chat"
Dopo le prime perquisizioni, gli indagati tentano di cancellare le prove delle loro condotte. Saia racconta di una cena, nell'estate 2019, con Giovanni Pio Gravina e la moglie Alessia Monica, entrambi indagati. "Monica prese tutti i cellulari dei presenti a tavola e li ripose in uno zainetto a debita distanza. Oltre a questo, il clima mi sembrava surreale in quanto per tutta la cena Gravina mi ha bisbigliato all'orecchio, invitandomi a fare altrettanto, ossia a moderare il tono della voce.. mi disse che era dovuto le sue preoccupazioni per le indagini incontro nei suoi confronti, temendo di essere costantemente intercettato". Gravina comunica a Saia di essere indagato, dice che sarà sentito in procura e che probabilmente anche Saia sarà chiamato. "Mi disse frasi del genere: "è meglio se fai come dico io", "non hanno nulla in mano, è la loro parola contro la tua ", "ricordati di cancellare la chat tra me e te".

 


"Nessuna competenza, nessuna attività svolta"
Un secondo contratto di collaborazione sotto inchiesta, per il quale la procura ha ottenuto un sequestro di 421 mila euro, è quello a favore di Maria Carla Ponzini, assunta come assistente locale di Comi nel settembre 2010 fino al giugno 2015. Ponzini, che è anche moglie del terzo erogatore Bernieri, spiega di "non aver mai svolto in passato analoghe attività lavorative". "Ho accettato pur sapendo di non aver mai ricoperto in passato un incarico del genere, e non averne le competenze. In particolare - ammette Ponzini - mi è stato fatto un contratto di assunzione, ma non ricordo nel dettaglio la tipologia". Sul contratto in questione il Parlamento Europeo aveva all'Olaf (Ufficio europeo antifrode) copia di una lettera con cui chiedeva a Comi il recupero di parte dello stipendio pagato a Ponzini tra il 2010 e il 2015, evidenziando anche il conflitto d'interessi col marito Gianfranco Bernieri. Per l'accusa "l'indagata non è stata in grado di fornire alcuna prova del lavoro asseritamente svolto". In più, "l'analisi del conto bancario del terzo erogatore ha rilevato, che almeno dal gennaio 2011, pochi giorni dopo che la retribuzione della Ponzini è stata accreditata sul conto del Parlamento Europeo, Bernieri ha trasferito una parte minore alla moglie, Ponzini, mentre la maggior parte del denaro è stata trasferita a Lara Comi o ai suoi genitori, Renato Comi e a Luisa Costa, mediante bonifico on in contanti". Per questo, "Comi ha causato un danno intenzionale agli interessi finanziari della Ue, dovuto alla distrazione di fondi per finalità diverse da quella per cui erano stati originariamente concessi".



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