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martedì 24 novembre 2020

Marianne la Polacca

Marianne la Polacca


Questa foto è diventata l’icona della protesta contro il divieto d’aborto
di Helena Janeczek
Una giovane donna sventola energica una bandiera arcobaleno di imponenti dimensioni. Lo sfondo è un’aria densa di fumo che rafforza l’idea di una battaglia, di una rivoluzione. La qualità sgranata della foto concorre a trasmettere che lo scatto cattura un momento storico.
L’autore (o l’autrice) sconosciuto ha compiuto un’impresa difficilissima:
 imporre un’immagine, farla diventare iconica.
Donne e uomini di tutto il mondo rilanciano la foto corredandola di notizie sulla mobilitazione contro il divieto d’aborto esteso alle gravi malformazioni fetali che il governo polacco ha imposto tramite la Corte Costituzionale. Gli hashtag esprimono solidarietà alle donne polacche e riprendono gli originali #StrajkKobiet #pieklokobiet #ToJestWojna #Wypieradala.
Sciopero delle donne, inferno delle donne, questa è guerra, levatevi di mezzo. Gli ultimi due colpiscono per il linguaggio agguerrito con cui le donne si propongono non come vittime di un potere misogino, ma come protagoniste di una lotta che riguarda i fondamenti della democrazia e infatti si sta allargando. Molti uomini, perlopiù giovani, sono scesi in strada con le donne o hanno postato dei selfie esibendo un cartello con la scritta # KobietaDecyduie, decide la donna. Durante una lezione online di un corso seguito da mio figlio, un compagno polacco ha raccontato di essere andato al consolato di Milano per contestare «il nostro governo fascista».
La foto della donna che sventola la bandiera è apparsa su Twitter il 30 ottobre. L’ha postata Marta Habior, produttrice cinematografica di Varsavia che nella bio avverte: “Banno ogni espressione di sessismo”. Il 30 ottobre, due giorno dopo lo sciopero delle donne esteso a tutto il Paese, a Varsavia si è tenuta la manifestazione nazionale. Le immagini dall’alto mostrano i grandi viali invasi da una massa di persone senza precedenti dopo l’epoca di Solidarnosc. Centomila, dicono le stime, ma è impossibile stabilire se non fossero più del doppio. Il simbolo del movimento, un minaccioso fulmine rosso, è dipinto sui cartelli, sui vestiti, sulle mascherine, sui volti delle donne. Vogliono far arrivare ovunque le loro istanze, lo fanno con i “ fuck off” e “ PiS off” (il riferimento è al partito di governo) scritti sui cartelli o alzando semplicemente il dito medio. Cantano una nuova versione di “ Bella ciao” dove “ciao” si fonde con “ cia?o”, corpo, il corpo che appartiene alla donna. Il postcomunismo è alle spalle di questo movimento fatto sopratutto di ragazze. C’è addirittura una che alza nel cielo di Varsavia un cartello con il “ No pasaran!” lanciato nel 1936 dalla “pasionaria” Dolores Ibarruri.
Nulla però ha saputo comunicare quell’energia dirompente come lo scatto della donna con la bandiera, immagine che rievoca la Marianne di Delacroix, la “libertà che guida il popolo”. Solo che qui non c’è un’allegoria della rivoluzione, ma una donna vera di cui Marta Habior 
nel suo tweet tratteggia anche una storia.
«Non ho molti cattolici tra i miei amici. Ho un’amica che è sempre stata ed è profondamente credente e praticante. Una madre. Lavora in un settore in cui è meglio non mettersi contro il governo. Eccola qui. Oggi. Mi è caduta la mascella».
Avvolta dal cappotto nero e dalla mascherina bianca, l’emula accidentale della Marianne a seno nudo porta sciolti e scoperti solo i capelli del colore delle streghe. Un caso, certo.
Mentre a renderla veramente emblematica della “libertà che guida il popolo” è la bandiera arcobaleno che lei, cattolica, madre, lavoratrice ricattabile, ha deciso di portare in spalla.





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FONTANA E GALLERA SONO 2 INCOMPETENTI

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