Lo ricevono 1,2 milioni di famiglie per un totale
di quasi tre milioni di persone coinvolte,
soprattutto nelle province del Sud
Come era già successo lo scorso anno, anche alla fine di questa estate il dibattito politico si è concentrato sul futuro del reddito di cittadinanza, la misura di sostegno economico approvata a metà gennaio 2019 dal primo governo Conte. Da tempo si discute di possibili modifiche per risolvere un problema riconosciuto da tutti i partiti: finora si è dimostrato un’efficace misura di sostegno per le fasce più povere della popolazione, ma ha in larga parte fallito come strumento di attivazione del mercato del lavoro.
Lo scostamento dagli obiettivi iniziali ha portato alcuni partiti a chiedere l’abolizione del reddito di cittadinanza – soprattutto Italia Viva di Matteo Renzi, a cui si sono aggiunti anche Fratelli d’Italia e la Lega, che lo aveva votato nel 2019 quando era al governo con il Movimento 5 Stelle – e altri come il Partito Democratico e lo stesso Movimento 5 Stelle a chiedere l’introduzione di possibili correttivi di cui però si sa ancora poco.
Il reddito di cittadinanza è un sostegno economico ad integrazione dei redditi familiari pensato per aiutare le famiglie che si trovano in difficoltà economica. Non è universale e perenne, ma temporaneo, vincolato alla partecipazione delle persone che lo ricevono a un percorso di inserimento lavorativo o alla sottoscrizione di un patto di inclusione sociale, mentre alcune persone, come i pensionati o i disabili, lo possono ricevere senza nessuna condizionalità. Da aprile 2019 l’assegno previsto dal reddito di cittadinanza viene destinato solo ai cittadini italiani o a chi risiede in Italia da almeno 10 anni. Per ottenere il sostegno, le persone che lo chiedono devono rispettare una serie di parametri economici tra cui un ISEE inferiore a 9.360 euro. L’ISEE è un indicatore che accerta lo stato economico di una famiglia: comprende non solo il reddito complessivo annuo,
ma anche rendite e beni di proprietà.
Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’INPS e relativi a luglio 2021, in Italia le famiglie che ricevono il reddito di cittadinanza sono un milione e 242mila, per un totale di due milioni e 920mila persone coinvolte. La pensione di cittadinanza, la versione del reddito di cittadinanza per gli anziani sopra i 67 anni, viene ricevuta da 133mila famiglie per un totale di 150mila persone coinvolte. L’importo medio dell’assegno – considerati entrambi i tipi – è di 578 euro.
La maggior parte degli assegni viene destinata a nuclei chiamati “monocomponenti”, cioè composti da una sola persona. Oltre a tenere conto di rendite e beni, l’importo dell’assegno varia anche in base al numero di componenti di una famiglia. Le persone che vivono da sole hanno un assegno più basso, con un importo medio di 448 euro, ma sono anche la categoria più numerosa: 610mila persone. Le famiglie con due componenti sono 269mila e ricevono un assegno medio di 546 euro, e poi a salire fino a quelle con sei o più componenti che sono 32.987, con un importo medio mensile di 683 euro. Le famiglie numerose non ricevono l’assegno medio più alto, che secondo i dati dell’INPS viene assegnato alle famiglie con quattro componenti che ricevono in media 703 euro.
I cittadini italiani che ricevono il reddito di cittadinanza sono 2,4 milioni, mentre i cittadini extracomunitari con permesso di soggiorno 321mila. I cittadini europei sono 120mila. L’importo medio mensile è più alto per i cittadini italiani, che ricevono 589 euro. L’assegno mensile medio destinato ai cittadini europei è di 558 euro e ai cittadini extracomunitari vanno mediamente 501 euro al mese.
La mappa che mostra la distribuzione territoriale evidenzia una sproporzione tra le province del Nord e quelle del Sud. Napoli è la provincia con la percentuale più alta di beneficiari rispetto alla popolazione, il 15,5 per cento. Percentuali alte si trovano anche a Palermo, 15,2 per cento, Crotone con 14,4, Caserta 13,5 e Catania con 13,2 per cento. Le province con la percentuale di beneficiari più bassa rispetto alla popolazione sono Bolzano, dove lo 0,1 per cento degli abitanti riceve il reddito di cittadinanza, Belluno con lo 0,6 per cento e Pordenone, Vicenza e Treviso con 0,9.
Da aprile 2019 a luglio 2021, in poco più di due anni, sono stati investiti 15,2 miliardi di euro per garantire il sostegno economico alle persone senza lavoro e in difficoltà economiche. Gli ultimi tre mesi sono quelli in cui sono stati destinati più soldi, probabilmente per effetto della crescita delle domande dovuta all’epidemia: a maggio 2021 sono stati spesi 714 milioni di euro, a giugno 720 milioni e a luglio 719 milioni.
I dati pubblicati dall’INPS non consentono di capire quante persone abbiano trovato un lavoro dall’aprile del 2019, quando la misura è partita. Secondo un report della Corte dei Conti, al 10 febbraio 2021 a fronte di 1,6 milioni di persone convocate dai Centri per l’Impiego, poco più di 1,05 milioni avevano dovuto sottoscrivere il Patto per il lavoro: alcuni beneficiari, come i disabili o pensionati, non sono infatti vincolati a cercare un’occupazione. Sempre al 10 febbraio, erano 152.673 le persone che avevano instaurato un rapporto di lavoro successivo alla data di presentazione della domanda. Sono il 14,5 per cento del totale.
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